Il Decreto-legge Cura Italia del 17.03.2020 n. 18 art. 42 ha inteso equiparare i casi accertati di infezione da Coronavirus all’infortunio sul lavoro, inteso come evento traumatico che produce la lesione o menomazione psico-fisica del dipendente determinandone una inabilità al lavoro.
L’INAIL, nella sua circolare n. 13 del 3 Aprile 2020, ha precisato tale concetto, estendendo il diritto all’indennità per inabilità temporanea o assoluta anche alle ipotesi di quarantena o permanenza domiciliare fiduciaria per contagio da Covid-19.
Questa normativa ha suscitato inevitabili preoccupazioni a carico dei datori di lavoro, ivi compresi i dirigenti, i quali sono direttamente investiti degli obblighi in materia di salute e sicurezza sul lavoro.
L’art. 2087 c.c. infatti individua il datore di lavoro quale effettivo responsabile della salute psico-fisica dei propri dipendenti e conseguentemente dell’adozione in azienda di tutte le misure di sicurezza idonee a tutelare tale integrità fisica e morale.
Allo stesso tempo l’art. 55 Dlgs 81/2008 estende le sanzioni per la violazione delle norme antinfortunistiche anche al dirigente quale vero e proprio sostituto del datore di lavoro e l’art 2 comma 1 lett. d) del D.lgs n 81/2008 individua il dirigente come il garante organizzativo della sicurezza sul lavoro ovvero colui che “in ragione delle competenze professionali e di poteri gerarchici e funzionali adeguati alla natura dell’incarico conferitogli attua le direttive del datore di lavoro organizzando l’attività lavorativa e vigilando su di essa”.
Vi è quindi il rischio concreto che il dirigente venga ritenuto responsabile del contagio da Coronavirus in azienda tra i lavoratori. Ma secondo quali limiti e presupposti?
E’ bene distinguere infatti le condizioni per l’erogazione dell’indennizzo a carico dell’INAIL dai presupposti di accertamento della responsabilità penale e civile gravante sul datore di lavoro.
In quest’ultimo caso non è sufficiente il semplice verificarsi dell’evento dannoso sul luogo di lavoro, ma è piuttosto necessaria la prova del nesso causale intercorrente tra la lesione psico-fisica del lavoratore e la violazione delle norme di sicurezza da parte del datore di lavoro, resosi colpevole di non aver predisposto diligentemente le misure più idonee a prevenire l’infortunio ovvero, nel caso in esame, il contagio da Coronavirus.
Sul punto è intervenuta l’INAIL precisando, in sede di conversione del Decreto Liquidità (Legge 6 Giugno 2020 n. 40 all’art. 29 bis), che i datori di lavoro pubblici e privati adempiono all’obbligo di cui all’art 2087 c.c. mediante l’applicazione delle prescrizioni contenute nel Protocollo condiviso di regolamentazione delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del Covid nonché mediante l’adozione e il mantenimento delle misure ivi previste.
Tale ultimo decreto ha quindi neutralizzato le forti criticità introdotte dalla presunzione di cui all’art. 42 Decreto Cura Italia, restringendo la responsabilità del datore di lavoro – e di riflesso quella del dirigente – per contagio da Coronavirus alle sole ipotesi di violazione della legge e degli obblighi derivanti dai protocolli e linee guida emanati da Governo e Regioni.