Guerra in Occidente, combattere per la diffusione delle verità informativa, capire chi è disposto a farlo, rispetto delle regole, ridare credibilità alle figure professionali e analizzare in che modo è saltata l’intermediazione nel settore della comunicazione. Questi sono stati i punti fondamentali sui quali si è svolto l’interessante e seguito dibattito “Dalla pandemia alla guerra – il ruolo della comunicazione – dall’informazione alla formazione”, al quale sono intervenuti Michelangelo Agrusti, Presidente di Confindustria Alto Adriatico, Omar Monestier, direttore de Il Piccolo e del Messaggero Veneto, Ferdinando Avarino, direttore di Telequattro in collegamento da remoto e del sociologo Nadio Delai che ha tirato le fila alla fine del confronto. Moderatore dell’intervento il Presidente di Federmanager FVG, Daniele Damele.
Il Talk Show ha avuto luogo a margine dell’Assemblea elettiva 2022 di Federmanager FVG, che si è svolta in presenza di rappresentanti istituzionali, imprenditori, manager, vertici di Federmanager e degli Enti collaterali, presso il Kulturni Dom di Gorizia. Il confronto è entrato immediatamente nel vivo dopo una breve presentazione di Daniele Damele, Presidente di Federmanager FVG.
Il focus sulla guerra e di come ci ha posto di fronte ad inevitabili interrogativi in termini di società e comunicazione è stato affrontato da Agrusti. “Questa guerra non ci sarebbe stata se non ci fosse stata una percezione di una decadenza dei Paesi occidentali. Una decadenza che si è verificata soprattutto nei valori, precedentemente trasmessi dai due nostri nuclei principali quello della famiglia e della scuola. Manca quella trasmissione del sapere attraverso un confronto reale, “vis a vis”, che aiuta a formare e stimolare un pensiero critico, che forma quella capacità di discernere anche da false informazioni. L’agorà virtuale è un grande inganno che crea una presunzione di verità da cui è difficile difendersi e che ha portato ad un’anarchia opinionista”
Puntuale e non meno preoccupante l’analisi di Monestier relativamente al vero ruolo dell’informazione: “quello che sta capitando nelle società occidentali è che, a fronte di una grandissima quantità di informazioni, l’interesse è sempre più scarso sia per l’informazione in senso classico, sia pe la verifica delle informazioni. Più le nostre società sono opulente e strutturate in termini di benessere voluttuario meno sono interessate ad essere informate. Questa è la drammatica situazione. Non c’è da parte di una larga parte della società civile, comprese le classi dirigenti, il desiderio di combattere per questa diffusione della verità. Io sono molto preoccupato per le giovani generazioni che non sono in grado di distinguere l’informazione dalla pubblicità, con un livello di voglia di conoscere il modo in cui vive molto basso.”
In accordo con le posizioni precedenti Avarino ha aperto un’ulteriore porta:” Di fronte a questa “nebbia mediatrice” che si è diffusa attraverso un proliferare di siti, blog, social, emittenti televisive alternative a poco a poco si è andata a scardinare quella credibilità dell’informazione che nel nostro lavoro è tutto, trasformandosi in un brulichio di opinionisti. Questo immancabilmente ha portato ad una perdita di credibilità non solo della nostra figura di giornalisti ma anche di tutte le altre come quelle dei medici, della classe dirigente e dei politici. Una volta la televisione aveva un intento pedagogico. Io devo informare portando un pensiero critico e di analisi, e poi lasciare a chi ascolta la sua possibilità di fare un ragionamento. Tuttavia, credo anch’io onestamente che la mancanza di un certo tipo di scolarizzazione non aiuta più a discernere e comprendere meglio le notizie”
In tempo reale, il sociologo Delai è riuscito a sintetizzare le varie voci dando un’interessante spinta propulsiva. “Bisogna andare controcorrente con l’elmetto e ritornare al reale. Oggi, da un punto di vista della comunicazione, viviamo un momento di “produzione di opinioni a mezzo di opinioni” e ciò non può che portare ad un circuito degradato inconsistente. Mentre l’intermediazione di una vera comunicazione è l’interpretazione non l’opinione, perché l’interpretazione presuppone analisi, studio, dati e poi la spiegazione. Non è un rimbalzo di opinioni. Da un punto di vista sociale il ruolo dei dirigenti è fondamentale per operare il cambio. Devono essere dirigenti di una società in movimento, non di una società di ordine, ferma e deve accettare di stare a disagio accettando la filosofia del processo che il movimento richiede. Meglio identificarsi con il processo che rimanere con l’ansia di ciò che è passato e stare fermi”.
A conclusione del talk show Damele, dopo aver ringraziato, ha concluso: “Da tutte queste considerazioni è emerso che abbiamo fatto bene oggi a trattare, all’interno della nostra assemblea, questi argomenti perché la comunicazione oggi è al centro di tutto quello che riguarda la nostra vita”