È proprio giunto il momento di sbloccare la stagnazione evidenziata nel rapporto Censis-CIDA negli ultimi vent’anni e dare priorità allo sviluppo
È l’aumento dei prestiti alle imprese grazie al credito meno caro che potrà costituire da carburante alla ripresa dei consumi, all’attività economica, all’occupazione e al mercato la notizia più rilevante, a mio avviso, determinata dal taglio dei tassi della Bce.
25 punti base, il primo taglio dopo il ciclo di dieci rialzi consecutivi cominciato a luglio 2022, ma il mercato ha già apprezzato l’allentamento del costo del denaro e le banche hanno migliorato le condizioni su prestiti e mutui. È evidente che con più prestiti alle imprese crescano gli investimenti.
Condizioni di credito più vantaggiose spingono le imprese ad aumentare le richieste di finanziamento con un impatto positivo sugli investimenti che porta ossigeno all’attività economica e all’ occupazione. In vista del primo taglio del costo del denaro, e soprattutto della serie di riduzioni attese nel corso del 2024, le banche hanno iniziato a ridurre il costo dei finanziamenti.
L’abbassamento dei tassi da parte della Banca centrale europea è, quindi, un segnale importante, anche se non del tutto sufficiente per stimolare la nostra economia.
Quanto accaduto in questi anni deve, però, far ragionare. Alzare in questi anni i tassi d’interesse per combattere l’inflazione ha avuto l’effetto di appesantire le aziende. La decisione adottata è, quindi, importante, ma deve anche essere accompagnata dalla consapevolezza di aver commesso un grave errore negli anni passati. In futuro occorrerà studiare un algoritmo differente per contrastare l’inflazione.
Il taglio dei tassi, che la Bce ha attuato prima della Fed (scelta storica), rappresenta anche una boccata d’ossigeno per i nostri conti pubblici. Si stima un risparmio di tre miliardi di euro. Il governo dovrebbe utilizzare i soldi risparmiati per favorire investimenti nelle imprese private e l’occupazione malgrado il nuovo Patto di stabilità renda certamente complicato andare in questa direzione. Più che ridurre i propri debiti pubblici occorrerebbe pensare a investire. L’attesa svolta della Bce deve avere un importante effetto di stimolo affinché la politica torni a mettere l’industria al centro della sua azione.
Nel 2023, per la prima volta da anni, la produzione industriale ci ha consentito di abbattere il livello del debito. Per cui è necessario che la politica sostenga l’industria dato che la crescita del Pil è l’unica via utile per favorire la crescita e lo sviluppo.
Anche dal voto europeo deve giungere una spinta in tal senso consci che solo seguendo detta opzione potremo garantire un futuro a noi stessi e alle nuove generazioni, un futuro basato su un operoso benessere generale.
Imprenditori e manager possono costituire accanto alla politica e a una PA che funzioni al meglio, ovvero all’insegna della sburocratizzazione, un elemento decisivo per invertire una rotta, nel campo socio-economico, che ha patito negli ultimi anni molti contraccolpi negativi. È proprio giunto il momento di remare tutti nella stessa direzione pena un immobilismo paralizzante destinato a provocare povertà e difficoltà serie per la stragrande maggioranza delle persone, ceto medio compreso.
Daniele Damele
Presidente Federmanager Friuli Venezia Giulia