di Zeno Saracino
Cosa desiderano i giovani dal lavoro? E cosa, a propria volta, possono le nuove generazioni concretamente offrire alle aziende? Come realizzare un ponte tra il mondo della ricerca, dell’università e dell’impresa? Ai fondamentali quesiti del mondo lavorativo del presente e del prossimo futuro ha risposto l’evento ‘Anticipare il futuro: nuovi paradigmi, nuove tecnologie, nuove competenze’, svoltosi giovedì 18 maggio nella cornice ferdinandea del MIB.
Non a caso si trattava della conclusione di un anno di lavoro ininterrotto sul rapporto giovani-occupazione e sul lavoro del futuro, attuato congiuntamente da MIB Trieste School of Management e da LEF, con la collaborazione di Federmanager FVG, Confindustria Alto Adriatico e dai Cluster regionali DITEDI, MAREFVG e COMET.
Un’iniziativa targata Fondirigenti multipartitica e trasversale, resa possibile da una collaborazione a trecentosessanta gradi tra imprenditori, manager, professori delle Università di Trieste e di Udine, ITS, dirigenti scolastici, AIDP (Associazione Italiana Direzione Personale) e AIDDA (Associazione imprenditrici e donne dirigenti di azienda).
“I progetti Fondirigenti sono dei percorsi di interazione studio-lavoro tra manager e intellettuali su temi specifici – ha spiegato l’ing. Claudio Barbina per le Politiche Attive e Formazione – e sono finanziati da fondi per metà di Federmanager e per metà di Confindustria Alto Adriatico. Non è formazione in senso stretto, è piuttosto politica attiva del lavoro, un incontro tra domanda e offerta. Ė un punto di contatto tra manager e imprenditori, mi piace definirlo un ‘laboratorio di contatti’. In genere questi percorsi durano un anno; e questo incontro ne rappresenta la conclusione, un ‘tirare le somme’. Questo è il terzo dei progetti Fondirigenti; il primo era sull’Open Innovation, il secondo era sulla Readiness delle imprese, questo è sulle professioni del futuro, quali sono reclamate dal presente, l’intero percorso è stato incentrato su ciò. In questo caso, per il terzo percorso, c’è stata la novità di un’importante collaborazione con LEF e con una molteplicità di enti e istituzioni”.
L’incontro, moderato dal prof. Guido Bortoluzzi, Core Faculty Marketing & Strategia del MIB, ha esordito con i saluti di Marco Bodini, Presidente di Fondirigenti, il quale ha sottolineato “l’importanza della dimensione dell’ascolto per dare aiuto sia alle imprese che ai quadri direttivi” con “particolare attenzione alle PMI”. I tre Cluster coinvolti, per quanto dissimili, sono risultati “accomunati dalla necessità di tecnici per la digitalizzazione”.
I lavori hanno inoltre fatto emergere che serve “una ‘manutenzione’ delle competenze anche per le figure apicali”, una “adeguata formazione dei dirigenti che hanno di per sé poco tempo”. Ciò è possibile solo con i Cluster, per l’appunto, e con la business school; servirebbe pertanto una “osmosi tra Cluster e business school”, d’altronde già molti dei corsi attuali sono in modalità blended, sarebbe allora un’evoluzione naturale.
Ė poi intervenuto per i saluti Diego Bravar, vicepresidente di Confindustria FVG, osservando che “servono commerciali per vendere il prodotto e tecnici per costruirlo” e di come “il problema della denatalità” sia per i giovani un vantaggio, dando loro infatti una leva in più nel mondo del lavoro. Infatti “con la denatalità in atto abbiamo la necessità di assumere persone che non abbiamo”; inoltre “non c’è solo la denatalità delle persone, ma anche delle imprese”. Però “lo si può compensare con le start up rivolte alla digitalizzazione”. Sono infatti tanti i settori inesplorati, ad esempio la digitalizzazione nell’agricoltura.
“Che cosa fare per un futuro migliore?” si è domandato Daniele Damele, Presidente, Federmanager FVG, osservando che, anche nel mondo del lavoro, “dobbiamo impegnarci a creare un ambiente migliore”.
“La vision è questa, sulla scia dei progetti precedenti” ha ribadito Damele, ricordando ad esempio la collaborazione col porto di Trieste.
“Ognuno di noi però può fare qualcosa, ad esempio esigere una pubblica amministrazione efficiente o una sanità libera da ideologismi” ha concluso.
Dare la parola a giovani e imprenditori, favorire lo scambio, il confronto, persino le scintille: questo l’intento della tavola rotonda che ne è seguita, costruita dal prof. Guido Bortoluzzi “con l’obiettivo di mettere assieme tutti gli elementi” emersi nel percorso Fondirigenti.
I giovani vivono solo online, non obbediscono a orari precisi, non vogliono climi stressanti o competitivi, sono incostanti… Bortoluzzi ha rapidamente snocciolato i principali stereotipi delle generazioni Millennials e Z, dando poi la parola a imprenditori, manager e non ultimi agli studenti in sala.
Il mondo imprenditoriale si è mostrato frammentato, ciascuno portando la propria specificità di start up o azienda; c’è chi ha osservato che i giovani “amano il loro lavoro, solo non l’azienda”, altri che occorre responsabilizzarli, altri ancora che occorre fare maggiore welfare.
Irina Stultus, attualmente Human Resources Director & Compliance Officer alla Piattaforma Logistica di HHLA-PLT, ha osservato che “è molto difficile trattenere le persone, perchè il concetto stesso di attaccamento va scomparendo”. Inoltre “la famiglia per il giovane è un’altra cosa, l’idea della famiglia-azienda non attira molto”. Purtroppo, tra i giovani “c’è uno sviluppo superficiale delle competenze, saltano di qua e di là, non c’è verticalità”.
Fermo restando, come ha ricordato il lato manageriale del pubblico, che “non c’è omogeneità di aziende in FVG, occorre lavorare sul desiderio di restare sul territorio”.
Sul fronte prettamente industriale Luigi Morsut, EVP di Danieli, ha ricordato che “per l’imprenditore c’è una sovrapposizione tra work ed employment”, anzi “per molti imprenditori l’azienda è un’estensione del suo corpo”. La situazione è invece diversa per il lavoratore giovane e si ripresenta comune non solo nel FVG, ma come attesta il caso Danieli in tutto il mondo.
“Secondo il fondatore di LinkedIn Reid Hoffman non è possibile trattenere veramente le persone” ha concluso Morsut. Piuttosto, secondo Hoffman, “Lasciateli andare, ma tenete il network”.
Molteplici e altrettanto divise le opinioni degli studenti; dottorandi al primo anno o studenti in procinto di laurearsi, spesso solo con una o due esperienze lavorative alle proprie (giovani) spalle. C’è chi ha ricordato con orrore “il mio lavoro di tesoreria, otto ore dinanzi a un foglio Excel, non c’era creatività”; chi ha rimarcato l’importanza di “un ambiente confortevole, non una famiglia, ma un buon gruppo di persone”. In generale prevaleva la necessità di conciliare lavoro e vita privata, un buon equilibrio complessivo. Però c’è anche chi è andato controcorrente, giudicando i suoi coetanei “giovani deboli”, ritenendoli frutto di “tempi felici che creano uomini deboli”.
Quindi, ha concluso Bortoluzzi, quali ‘ponti’ si possono gettare tra giovani e lavoro, a fronte delle sfide del futuro? Tra le proposte maggiormente concrete emerse figurava l’idea di lavorare già all’Università, ma su un progetto imprenditoriale coordinato dall’ateneo; la necessità di far conoscere le diverse professioni fin dalla giovinezza, se non dall’infanzia, insomma “far innamorare i ragazzi dei mestieri che servono oggi e serviranno per il futuro” e banalmente attuare, laddove possibile, lo smart working.
La tavola rotonda si è infine conclusa con un’intervista – ‘Finalmente corro’ – con l’Alumnus MIB Trieste Bernardo Bernardini che ha raccontato, con voce sommessa e parole semplici, la sua esperienza di vita. Figlio di un aviatore professionista, sembrava predisposto a una carriera nel volo. Salvo poi incontrare un terribile incidente durante un’avaria in volo e ritrovarsi senza l’uso delle gambe, con tre vertebre distrutte. Un’odissea di fisioterapia e forza di volontà, di tutori e voglia di rivincita, culminati con una carriera nel paratriathlon.
“Occorre parlare di integrazione nelle aziende, già dire ‘i giovani’ significa introdurre una separazione” ha consigliato, in chiusura, Bernardini.