Il Nord Est deve tornare a sviluppare una forte capacità di trattenere capitale umano. Non si tratta soltanto di capitale umano qualificato, ma anche di forza lavoro meno qualificata che storicamente ha contribuito all’esercizio delle funzioni manifatturiere delle nostre piccole e medie imprese.
Per realizzare ciò occorre porre le imprese locali nelle condizioni di offrire condizioni retributive competitive. Oggi si pagano poco i manager e si pagano poco anche gli operai condizionando in questo modo l’operatività di imprese manifatturiere che fanno sempre più fatica a reclutare forza lavoro da impiegare in azienda.
Cosa fare per invertire la rotta? Ritengo che una parte rilevante di questo problema sia da ricercare all’interno del tessuto imprenditoriale. Ancor prima di essere un problema di attrattività, quello del Nord Est è un problema di competitività. Le imprese trivenete sono in media piccole, hanno una produttività contenuta e generano poca ricchezza da ridistribuire attraverso un aumento dei salari.
Il tema della dimensione è senz’altro centrale in quanto strettamente legato alla produttività. Ma c’è anche altro. Fatte salve le importanti eccezioni le imprese tradizionali di questo territorio concentrano la propria operatività a ridosso di funzioni a basso valore aggiunto, come le attività di trasformazione in conto terzi. Sono funzioni che generano poco valore economico e impattano in maniera decisiva sulla capacità delle imprese stesse di generare ricchezza.
Espandere il focus delle imprese nordestine verso funzioni ad alto valore aggiunto dovrebbe rappresentare la prima strategia da implementare all’interno delle imprese stesse. Un significativo incremento di produttività potrebbe essere, quindi, garantito da investimenti in tecnologia, anche in ambito produttivo.
Presidiare funzioni ad alto valore aggiunto come ricerca e sviluppo e le attività di vendita, e investire con continuità in tecnologia sono strategie aziendali che richiedono però due aspetti fondamentali: risorse manageriali e finanziarie. Due fattori che spesso mancano nelle PMI, in molti casi ancora fatalmente legate a modelli di business obsoleti e a schemi di governance antiquati.
Un possibile cambio di passo potrebbe essere garantito proprio dall’aggiornamento dei modelli di business e delle strutture di governance delle aziende nordestine. Serve, in concreto, aprire il controllo delle imprese al capitale manageriale che potrebbe garantire l‘implementazione di nuove strategie. Ciò anche per evitare pedisseque cessioni di imprese locali a investitori stranieri.
Occorre, infatti, garantire la continuità nel tempo delle attività aziendali e ciò è possibile anche con capitali esteri, ma con controlli aziendali e manager locali. Occorre attrarre l’interesse di investitori esterni non per acquisti, ma per investimenti. Per fare ciò è indispensabile promuovere una forte propensione all’internazionalizzazione e alla cultura manageriale.
È tempo di affrontare la competitività delle imprese tradizionali, per lungo tempo asse portante del miracolo industriale a Nord Est per permettere loro di essere protagoniste della futura competitività dell’economia interregionale. Solo così potremmo avere un Nord Est competitivo e nuovamente attrattivo nei prossimi anni che punti a una modernizzazione di questo territorio con l’obiettivo di favorire un operoso benessere della gente che qui vive e intende ancora farlo.
Daniele Damele
Presidente Federmanager FVG