Il Friuli Venezia Giulia è sempre stato all’avanguardia nel settore della manifattura, che segna una produttività superiore del 40 % rispetto alla media del sistema economico regionale e un +12 % della media di quella nazionale. Nell’ultimo quinquennio l’export manifatturiero è, peraltro, cresciuto del 20%. Stati Uniti, Germania e Francia sono i primi mercati di destinazione. Ma in futuro occorrerà puntare a differenziare l’export possibile anche con l’assunzione di manager preparati aventi competenze specifiche in merito.
Recentemente la European House Ambrosetti ha fornito i dati sopra riportati ed è intervenuta sul tema della pianificazione dello sviluppo dell’industria manifatturiera in FVG rilevando che bisognerà tener conto della crescente instabilità dello scenario geopolitico, dell’invecchiamento demografico e della denatalità, della transizione digitale e sostenibile e delle nuove catene globali del valore.
Come avviare allora una fase nuova di crescita che riconosca il valore dell’esistente ma che sia capace di intercettare il futuro? Imprese, finanza, managerialità e mondo dell’innovazione devono andare a braccetto. È solo da un nuovo confronto tra imprese, manager, istituti bancari e finanziari e poli tecnologici e scientifici che può determinarsi una nuova fase di crescita del Nordest.
Le medie imprese della manifattura italiana continuano a rappresentare una risorsa essenziale per l’economia del paese. Il rapporto elaborato dall’Area Studi di Mediobanca, Unioncamere e Centro Studi Tagliacarne ci ricorda che il quarto capitalismo italiano, le circa quattromila imprese comprese fra 50 e 499 addetti a proprietà familiare, sono state il motore di un vigoroso rimbalzo all’indomani dell’emergenza Covid dimostrando di saper reagire efficacemente alle trasformazioni del mercato.
I dati confermano la reattività e qualità gestionale di un insieme di imprese che ha saputo saldare al meglio lo spirito imprenditoriale dei distretti e una propensione manageriale rivolta all’internazionalizzazione. Il Nord Est è oggi il contenitore principale di queste realtà. I parametri elaborati da Mediobanca indicano che Veneto e Friuli Venezia Giulia sono le regioni dove la media impresa ha trovato il suo habitat naturale. L’Emilia-Romagna, però, evidenzia performance economiche migliori. Le medie imprese, dicono gli analisti, sono meno presenti perché in Emilia-Romagna le dimensioni delle imprese leader sono cresciute negli anni oltre le soglie previste dall’Osservatorio perché molte imprese di successo hanno una proprietà internazionale e perché una parte della crescita è oggi riconducibile a settori legati al digitale e alla ricerca di base.
La media impresa del quarto capitalismo, dice Mediobanca, fa bene ciò che ha imparato a fare, ma fatica ad esplorare al di fuori dello specifico raggio di azione che il mercato le riconosce come eccellenza. Un esempio emblematico è l’utilizzo del digitale. La media impresa investe sull’ottimizzazione dei processi produttivi, sulla robotica e sull’integrazione con l’attività gestionale.
L’obiettivo degli investimenti dal 2021 ad oggi, sempre secondo il report, è migliorare l’organizzazione interna dell’impresa e l’ottimizzazione dei processi. Però, in un mondo in cui le piattaforme sono diventate il baricentro del capitalismo digitale questa focalizzazione sul perimetro dell’organizzazione è utile alla competitività della singola impresa, ma rischia di non essere sufficiente per la crescita di un ecosistema dinamico a livello di filiera che necessita anche di pensare a marketing e vendita. Per il Nord Est vi è la necessità di cercare nuovi ecosistemi capaci di intercettare opportunità di crescita e competitività attraendo talenti e investimenti. Così facendo si aumenterà la produttività industriale che abbisogna di unire le piccole imprese e di una politica che punti a formazione, infrastrutture, finanza.
Daniele Damele
Presidente Federmanager FVG