Si chiude un anno difficile, il bilancio non è certamente radioso, ma vi è, come ogni volta che si arriva a dicembre, la speranza che l’anno che verrà sia migliore e più favorevole.
Ho cercato indicatori di positività per il 2024. Iniziamo dai depositi di gas che in Italia sono pieni a garanzia di un inverno al caldo nelle abitazioni e di rifornimenti adeguati e con costi calmierati alle imprese. Anche il costo del petrolio appare sotto controllo, non al di sopra dei cento dollari al barile.
E l’inflazione? In Italia è attesa nel nuovo anno attorno al 2%. Le previsioni sono che calerà anche nel resto d’Europa. Particolare attenzione va prestata alla cosiddetta inflazione core ex-alimentare ed energia che cala più lentamente per la rigidità dei servizi e fors’anche di certe politiche.
Incuriosito da una dichiarazione di un alto dirigente di Confindustria nazionale sull’atteggiamento tranquillo degli imprenditori ho cercato dei dati a supporto di detta tesi e ho trovato che stanno aumentando le imprese a maggiori dimensioni così come di pari passo aumenta un export differenziato, ovvero non più centrato prioritariamente sulla Germania.
Saggezza vuole, evidentemente, che essendo la Germania ancora in recessione e il resto dell’Europa in stagnazione si debbano cercare mercati alternativi. La debolezza della Germania, peraltro, induce a dati non positivi sul manifatturiero già quasi stabilizzatosi, invece, negli USA.
L’auspicio è che dal secondo trimestre 2024 la Bce provveda a calare i tassi d’interesse senza dover attendere analoga manovra da parte della Fed. Ciò permetterebbe maggiori investimenti da collegare all’occupazione degli italiani. In passato la Fed ha iniziato a tagliare i tassi ufficiali mediamente sei mesi dopo l’ultimo rialzo. Anticipare i tempi da parte della Bce significherebbe dare un segnale forte rispetto al grado di rallentamento dell’economia ritendo così d’essere a fine ciclo e non a metà.
La crescita salariale che in Europa aumenta del 4,75% (mentre in Italia dipende dalla sottoscrizione dei contratti collettivi di lavoro che non dovrebbero subire mai alcun ritardo) non deve limitare le azioni della Bce che deve permettere di puntare agli utili delle imprese private industriali da re-investire con il citato occhio di riguardo all’occupazione italiana in un’ottica di cultura manageriale tenendo conto che più si rafforza il settore manifatturiero è più avanza quello dei servizi (ma vale anche l’inverso purtroppo).
Dal punto di vista finanziario dovrebbero continuare a rendere positivamente gli investimenti nei settori tecnologici, farmaceutici e delle utilities. Oggidì vi è una forte attrattività delle scadenze a breve, ma il calo della crescita e la graduale disinflazione prospettano per il nuovo anno un contesto progressivamente più favorevole a rischio tasso.
La crescita globale stimata per il 2024 dai principali previsori privati per l’Italia si aggira attorno allo 0,7% mentre nel mondo saremo al 2,4%, trainati dalla Cina che raggiungerebbe quasi il 5%.
Cosa fare? Programmare gli investimenti e a gennaio iniziare subito a pensare che innovazione (non solo tecnologica) e favore all’occupazione potranno caratterizzare una sorte di nuovo pre-boom economico che, prima o poi, dovrà tornare (speriamo nel secondo semestre 2024 e più decisamente col il 2025).
Competizione, modernizzazione, attenzione alla Persona, ossia agli italiani che lavorano, dal manager all’operaio, idee stanno alla base di un possibile operoso benessere generale per il 2024 e il futuro contrastando pervicacemente un’idea sballata di impoverimento generale sia culturale sia economico.
Daniele Damele
Presidente Federmanager FVG