È da tempo che sostengo la necessità di rimettere al centro il lavoro e i lavoratori, ovvero l’indispensabilità di favorire una fase rinascimentale della vita italiana ponendo l’accento sull’Umanesimo, l’Uomo come cardine e valore imprescindibile della società moderna che ha l’ambizione di guardare al futuro. Il tutto permeato da una cultura manageriale efficace sotto tutti i punti di vista, dal necessario profitto economico all’operoso benessere generalizzato.
Ma quale 1 maggio festeggeranno i lavoratori, con quale prospettiva?
I dati relativi al 2023 elaborati da Ires ci dicono che in Friuli Venezia Giulia, escludendo i lavoratori domestici e gli operai agricoli, il numero delle assunzioni rispetto al 2022 è diminuito del 2,6% con una contrazione effettiva di 4.200 unità. I dati più significativi sono quelli dei territori di Pordenone e Udine dove molte attività manifatturiere hanno patito le difficoltà sui mercati esteri, tedesco in primis. Un altro dato significativo che deve far riflettere è quello delle dimissioni volontarie, l’addio al lavoro per scelta personale, trend in costante crescita da circa dieci anni.
Tra il 2021 e il 2030 la popolazione in età lavorativa (15-64 anni) del Friuli Venezia Giulia è destinata a scendere di oltre 35mila unità (-4,8 per cento). Il risultato è stato elaborato dall’Ufficio studi della CGIA che si è avvalso delle previsioni demografiche redatte dall’Istat e dall’Eurostat. Se a questa dinamica demografica aggiungiamo gli effetti della transizione energetica e dell’intelligenza artificiale, tutto ciò avrà delle ricadute anche per le nostre imprese. I giovani lavoratori da inserire nelle imprese industriali ci sono, ma vanno formati e retribuiti adeguatamente per inserirli nei processi produttivi.
Chi spera in una inversione del trend demografico rischia di rimanere deluso. Purtroppo, non ci sono misure in grado di cambiare segno a questo fenomeno in tempi brevi. Il ricorso agli stranieri potrà risolvere la situazione? Le ripercussioni sono abbastanza prevedibili e non serve nemmeno citare il caso Monfalcone. Accanto alla formazione specialistica e tecnica è stata quantomeno previsto un necessario percorso d’integrazione basato su conoscenza e rispetto delle nostre regole?
Il Friuli Venezia Giulia è una società con meno giovani e più anziani, fatto che pesa inevitabilmente sulle spese previdenziale, sanitaria e assistenziale. Non possiamo negare, poi, che questo scenario preoccupante tenderà ad allargare ulteriormente la forbice tra il Nord e il Sud del nostro Paese giacché negli ultimi decenni le disparità tra il Nord e il Sud Italia sono aumentate. Sebbene il nostro Paese abbia beneficiato tra il 2000 e il 2020 di ben 125 miliardi di euro di fondi UE per la coesione territoriale e una buona parte di questi soldi sia stata erogata proprio alle regioni del Mezzogiorno, le distanze sono, infatti, cresciute.
Rispetto alla gran parte dei principali Paesi dell’Ue, l’Italia presenta delle criticità storiche che, purtroppo, non riusciamo a rimuovere: lentezza burocratica della PA e bassa qualità dei progetti che non sono in grado di generare ricadute significativamente importanti per l’economia e la qualità della vita dei territori interessati da queste operazioni. Ciò senza scordare i tempi biblici di realizzazione dei detti progetti confermati dalla Banca d’Italia che rileva che a fronte di una spesa mediana di 300 mila euro, nel nostro Paese il tempo medio per la realizzazione di un’opera è di 4 anni e 10 mesi. La fase di progettazione dura poco più di 2 anni (pari al 40 per cento della durata complessiva), l’affidamento dei lavori dura 6 mesi e sono necessari oltre 2 anni per l’esecuzione e il collaudo. Per un investimento di cinque milioni di euro, invece, il tempo di realizzazione è di ben 11 anni. Il nuovo codice degli appalti e le riforme che stanno interessando la PA dovranno ridurre in misura significativa queste tempistiche.
Secondo uno studio dell’OCSE, l’inefficienza della PA ha delle ricadute negative sul livello di produttività delle imprese private industriali. Dai calcoli dell’Organizzazione ottenuti attraverso l’incrocio della banca dati Orbis del Bureau van Dijk e dei dati di Open Civitas emerge che la produttività media del lavoro delle imprese è più elevata nelle zone (Nord Italia) dove l’Amministrazione pubblica è più efficiente. Diversamente, dove la giustizia funziona peggio, la sanità è “malconcia” e le infrastrutture sono insufficienti (prevalentemente nel Sud Italia), anche le imprese private di quelle regioni perdono competitività in forma significativa.
Daniele Damele
Presidente Federmanager Fvg