L’Europa sta mettendo a rischio la propria industria. Se l’Europa continuerà a ignorare la manifattura, infatti, il declino sarà inevitabile.
Le imprese investono su automazione e digitalizzazione, con l’obiettivo di rendere i processi più efficienti. I manager sono consapevoli che devono saper cogliere la sfida verso un corretto equilibrio tra innovazione, occupazione e tradizione produttiva. Cosa manca?
Per guardare al futuro è certamente determinante avviare un processo di efficientamento energetico con centrali idroelettriche, impianti fotovoltaici e idrogeno. Ma anche nucleare pulito e, intanto, acquisto di gas la dove costa meno privilegiando la fine delle guerre in atto a interessi personali o ipotesi fuori luogo.
L’Europa deve, poi, rivedere il piano Transizione 5.0 che ha troppi paletti e non risponde ai bisogni reali di imprenditori e dirigenti industriali. Una situazione più volte fatta presente con la sensazione di rimanere inascoltati talvolta anche con fastidio da parte degli interlocutori europei.
La scelta generale fatta sui dazi con gli USA va rivista in quanto non va bene pagare 750 miliardi in acquisti energetici in 3 anni e altri 600 miliardi in investimenti che si aggiungono a quelli che ci sono già. Occorre un programma credibile e condiviso in quanto servono investimenti in infrastrutture digitali, ricerca e sviluppo. Bisogna sostenere le imprese con politiche fiscali che incentivino l’innovazione e l’occupazione.
Come accennato è l’energia il nodo principale in quanto servono prezzi competitivi e forniture certe in attesa di diventare autosufficienti (fra molti anni ovviamente, ma se mai si parte mai lo si diverrà). Occorre anche sburocratizzare e avere una PA al servizio di chi produce.
È il momento di agire altrimenti la concorrenza estera affonderà le nostre aziende. Le norme anti-dumping sono, infatti, debolissime. Vanno, poi, sbloccati gli accordi internazionali, come quello con il Mercosur per aprire le imprese italiane ed europee a nuovi mercati. Le imprese vanno proiettate nei tavoli nazionali ed europei, agevolate nel sostenere l’internazionalizzazione. Assumere talenti italiani e rafforzare la rete con Confindustria e Federmanager. Al mondo non esistono solo gli States, c’è il BRICS, l’appena citato Mercosur e ancora tanti altri mercati ancora inesplorati.
Occorre mirare con decisione a lavoro (con salari adeguati), formazione, produttività, modernizzazione, attrattività e infrastrutture per favorire competitività a lungo termine per il tessuto industriale nazionale. Il cosiddetto lavoro sicuro da solo non basta più.
Servono formazione continua, un salario adeguato, welfare, smart working e l’offerta di abitazioni. Non possiamo accettare la logica degli immigrati che vivono in case di pochi metri quadri in numero elevato. E se sul fronte dei salari la leva principale è la contrattazione di secondo livello per quanto riguarda l’abitazione si possono realizzare progetti di housing sociale “stanando” (mi si lasci usare questo termine) gli Enti pubblici proprietari di un numero significativo di immobili dismessi, la PA e l’Ue che, quest’ultima, deve concedere i finanziamenti necessari alla sistemazione di detti immobili. Così facendo recupereremo patrimonio edilizio nei centri storici, li rianimeremo e garantiremo lavoro sul territorio specie ai giovani italiani.
La PA deve, poi, puntare decisamente sulle infrastrutture, strade innanzi tutto, ovviamente, ma anche asili, centri estivi, poliambulatori dedicati al welfare sanitario. Vi è, quindi, la improcrastinabile necessità di formare tecnici nei settori che caratterizzeranno il futuro. È una questione di competitività sul piano tecnologico. Scuole e università devono garantire una formazione all’altezza, con laboratori dotati delle tecnologie più aggiornate, sapendo che queste cambiano rapidamente e che saranno necessari investimenti costanti. Poi, come accennato, a chi esce formato occorre assicurare un lavoro adeguatamente retribuito con anche il citato welfare a 360 gradi, e la prosecuzione dell’aggiornamento formativo.
La sfida per la competitività e il futuro delle imprese e dell’Europa è certamente impegnativa, ma industria e PA ci sono e vogliono suonare la sveglia all’Europa. Al loro fianco ci sarà la politica italiana? Per realizzare ciò occorre volerlo fare.
Daniele Damele
Presidente Federmanager FVG
e Segretario Cida FVG