Le guerre che non accennano a positivi fatti nuovi, tregue, negoziati, visioni future di pace, … e il fronte di crisi del Medio Oriente, ovvero del Mar Rosso che costringe le navi portacontainer a cercare nuove rotte commerciali con evidenti ripercussioni non solo sui tempi di percorrenza della tratta Asia-Europa, ma soprattutto sui prezzi delle merci trasportate non lasciano ben sperare per l’immediato.
Gli assalti dei ribelli alle navi in transito nel Mar Rosso non possono non preoccupare le imprese del Nord Est italiano, considerato che il Far East è una rotta che pesa per il 50% del traffico delle nostre aziende.
Il timore è quello di dover affrontare una nuova “tassa Houthi” su gran parte dei prodotti in arrivo dall’Est, dalle materie prime agli hardware.
Da settimane ormai le portacontainer sono state dirottate verso il Capo di Buona Speranza sulla punta meridionale dell’Africa. Una deviazione che significa da otto a dodici giorni in più di navigazione, ovvero più consumo di energia, maggiori costi di assicurazione, con tempi di immobilizzazione più lunghi per equipaggi e navi.
È del tutto probabile un aumento dei costi legati alla chimica, ma anche che a crescere siano i prezzi causa la scarsità dei materiali innescando così fenomeni speculativi. Se la crisi non dovesse rientrare si rischia di avere un pesante aggravio dei costi di trasporto verso i mercati esteri, ma il rischio è che le navi, dopo aver passato il Capo di Buona Speranza, puntino direttamente a Nord verso Rotterdam e Amburgo tagliando fuori i nostri sistemi portuali, Trieste in primis, con inevitabili ripercussioni in termini di perdita di posti di lavoro e aggravio di costi.
Il valore dell’import-export italiano marittimo che transita per il canale di Suez ammonta a oltre 150 miliardi di euro. E dover dirottare le navi implica, infatti, inevitabili ritardi in carico e scarico anche da e per i porti italiani per cui se non si risolverà la situazione sicurezza ci potrebbe essere un cambio di rotte strutturale giacché è evidente che una nave che circumnaviga l’Africa in maniera sistematica non avrebbe interesse a raggiungere il mare Adriatico e punterebbe direttamente sui porti del Nord Europa. La speranza è che i flussi tornino a essere regolari attraverso Suez.
L’alternativa al mare viaggia su rotaia ed è stata individuata dalla trevigiana D.B. Group. L’azienda di Montebelluna, per far fronte alle incertezze e ai ritardi dei viaggi via nave ha, infatti, riattivato una linea di collegamenti ferroviari per la ricezione delle merci dalla Cina. Come soluzione di emergenza D. B. Group sta dunque predisponendo un treno speciale composto da cinquanta vagoni con merci riservate che partirà il 31 gennaio per un viaggio su ferrovia che avrà una durata di 25 giorni per percorrere circa diecimila chilometri. Da poco sono state aperte le prenotazioni anche per il secondo convoglio, in partenza il prossimo 3 febbraio da Chengdu e in arrivo a Milano (Melzo) e a Padova.
La crisi nel Mar Rosso è un elemento di incertezza internazionale a livello sociale ed economico. L’industria italiana stava trovando un nuovo equilibrio dopo le difficoltà degli anni passati, il post pandemia, la crescita dei costi dei noli marittimi, la guerra in Ucraina e quella israelo-palestinese, l’inflazione, l’aumento dei tassi, il rallentamento dei mercati. Aveva dimostrato la capacità di adattarsi alle nuove condizioni, ora affronta una nuova pesante incognita.
Da Suez passa la gran parte del nostro interscambio commerciale, la moda, l’alimentare, le automobili, i macchinari. I primi effetti sui costi dei trasporti e delle materie prime si sono già visti, la speranza è che non ci siano speculazioni da parte delle piattaforme logistiche.
Il rigassificatore veneto rischia ritardi e rincari in quanto il Qatar ha sospeso l’invio delle gasiere nel Mar Rosso. L’infrastruttura al largo di Rovigo è destinata a risentirne e se la crisi dovesse continuare sarebbe compromessa la disponibilità di Gnl. La piattaforma adriatica garantisce il 12% del fabbisogno nazionale di metano.
L’export italiano è riuscito nel 2023 ad assorbire in gran parte l’inflazione e mantenere le posizioni sui mercati esteri. È un segno di grande resistenza delle aziende industriali. Nel complesso il sistema economico italiano ha dimostrato una grande resilienza e rapidità nell’adattarsi ai cambiamenti.
In questa fase occorre ancora reagire alle difficoltà della Germania che è uno dei nostri principali mercati. Bisognerà capire, in proposito, come si muoveranno i tassi d’interesse nel 2024, in quanto quando la stretta si allenterà, l’effetto sarà molto significativo. Nel frattempo occorre continuare ad aprire la strada a nuovi mercati, dai Balcani allo stesso Medio Oriente sino al Sud Est asiatico e all’America Latina e al Nord Africa.
La PA deve aiutare le Pmi, che vogliono andare sui mercati internazionali, a individuare le opportunità, incontrare i potenziali clienti, stabilire delle relazioni. In tal senso le imprese si affidino ai loro manager favorendo un loro continuo aggiornamento professionale per permettere di rimanere sempre al passo coi tempi che cambiano molto celermente.
Daniele Damele
Presidente Federmanager FVG