Dirigenti NordEst: 03-04 2020
Daniele Damele, Presidente Federmanager FVG
Quella che affrontiamo a causa dell’emergenza sanitaria legata al corona virus è una crisi congiunturale e non strutturale come quella del 2008. Nel decennio di crisi socio-economica banche e soggetti finanziari fallirono, oggi no. Anzi mentre l’economia reale si è quasi del tutto fermata la finanza è andata avanti, imperterrita, le Borse non hanno osservato un solo giorno di stop a conferma di una distanza sempre più accentuata, ahinoi, tra finanza ed economia
reale.
Per ri-equilibrare la drammatica situazione emersa occorreranno due anni per cui s’impone la necessità di progettare un piano triennale che ci porti al 2023 in una nuova situazione sociale ed economica. Che fare oggi? Fermarsi un momento, almeno un momento a riflettere sul dolore derivante dalle morti causate dal COVID 19, morti di persone per lo più anziane, di quella che è la memoria del Paese, di coloro che ci danno forza, esperienza, insegnamento, saggezza. Poi chi può, chi ne ha il dovere e l’opportunità di farlo pensi anche al futuro, ovvero alla possibile prevenzione di epidemie di tal fatta.
Sul fronte dell’economia si rende indispensabile oggi sostenere l’economia e soprattutto le PMI, gli esercizi commerciali, chi si occupa di servizi alle imprese, hotel, ristoranti, bar, operatori del turismo, artigiani,
agricoltori, settori della moda e dell’abbigliamento, l’edilizia, i mobilifici, insomma tutti quei settori che più di altri sono stati messi economicamente in ginocchio dal virus.
Il Centro studi nazionale di Confindustria stima nel -15% la produzione nel secondo trimestre 2020. In altri settori queste percentuali, invece, superano, anche abbondantemente il 50 se non il 75%. Cifre folli.
Urgono prestiti alle imprese e in tal senso le banche sono chiamate, direi, finalmente, a svolgere un ruolo etico. Il governo Conte ha emanato una precisa norma (col decreto liquidità del 9 aprile) a favore delle PMI prevedendo rapidità e semplificazione massima oltre che copertura del Fondo di garanzia. Forse per la prima volta in Italia una norma finanziaria chiara che non abbisogna di particolari interpretazioni.
Il senso è quello di ampliare gli affidamenti concessi ai soggetti in crisi senza dover attuare verifiche di merito creditizio. Le banche non devono attuare, quindi, dette verifiche e nemmeno l’ammissione della domanda di prestito al fondo di garanzia per le PMI. È previsto inoltre lo spostamento delle rate di finanziamento a sua volta rallentato. Banca
d’Italia e ABI devono dare disposizioni che alleggeriscano ulteriormente e non appellarsi a moduli o fornire altre disposizioni che frenino la liquidità alle imprese. Questo è il ruolo etico che si richiede a banche e finanza. Si sappiano riscattare dalle certamente non belle figure attuate nel recente passato. L’occasione è questa. I prestiti devono arrivare al netto di procedure burocratiche che appesantiscono e rendono difficoltoso il percorso attuale, del tutto necessario per ri-progettare il futuro. Se non salviamo le imprese oggi non potremo nemmeno pensare di ipotizzare il futuro
e allora sì che la tendenza sarà quella di vedere sempre più i giovani recarsi all’estero, magari nella non tanto “simpatica” Germania che oggi immette liquidità a fondo perso nelle loro imprese.
Per ottenere un prestito da noi serve, lo dice il decreto liquidità, un’autocertificazione che attesti che la propria attività è stata danneggiata dall’emergenza sanitaria in corso. Non si richieda altro nemmeno a chi ha debiti pregressi. Se a vincere non è l’etica, stavolta, perdiamo tutti, oggi e domani. Non torneremo come prima, non riprenderemo
la situazione che abbiamo lasciato a marzo prima del “lockdown”. Mai come stavolta nulla sarà come prima soprattutto
all’inizio quando gireremo con mascherine e guanti, ci disinfetteremo le mani con l’amuchina o altro gel che porteremo in tasca, quando scopriremo che varie attività, specie commerciali, non saranno state riaperte.