di Pietro Mussato
In relazione ad un tema a tutt’oggi ancora ostico e confuso, quale l’operabilità o meno del c.d. “blocco dei licenziamenti” anche ai lavoratori apicali, la giurisprudenza è nuovamente intervenuta con l’ordinanza del Tribunale di Roma del 16 ottobre 2021, n. 96447.
Quest’ultima si inserisce in un quadro giurisprudenziale piuttosto complesso e contraddittorio. Si ricorda infatti che la questione in esame era già stata portata all’attenzione del Giudice, il quale, a distanza di pochi mesi, era addivenuto a due conclusioni di segno opposto. Tali pronunce avevano quindi determinato una scissione degli orientamenti scaturiti all’interno di un medesimo Ufficio giudiziario, che nel caso di specie è appunto il Tribunale di Roma.
Nello specifico, in un primo momento, con ordinanza del 26 febbraio 2021, alla luce di una lettura costituzionalmente orientata delle disposizioni, il magistrato giudicava nullo il licenziamento del lavoratore con funzioni apicali durante la vigenza del “blocco”.
Tuttavia, questa pronuncia veniva stravolta completamente dalla successiva sentenza del 19 aprile 2021 n. 3605, che invece escludeva l’applicabilità ai dirigenti del divieto di esercizio del diritto di recesso unilaterale da parte del datore di lavoro nel periodo emergenziale.
Recentemente, con la summenzionata ordinanza n. 96447, il Tribunale di Roma ha fatto un passo indietro riconfermando il provvedimento del 26 febbraio scorso.
L’organo giudicante, chiamato a decidere in ordine alla liceità del licenziamento per giustificato motivo oggettivo intimato al dirigente durante il periodo di sospensione, ha ribadito che “la tesi dell’applicabilità della normativa sul blocco dei licenziamenti anche ai dirigenti è condivisibile” e che, pertanto, “il blocco dei licenziamenti collettivi riguarda anche il personale con la qualifica dirigenziale”.
La ragione posta a fondamento di tale assunto è stata generosamente argomentata, sviscerando e distinguendo due questioni: il licenziamento collettivo e il licenziamento individuale del dirigente.
In primo luogo, il Giudice avvalora la tesi dell’estensione del blocco dei licenziamenti collettivi anche alle figure dirigenziali, con la spontanea conseguenza che un eventuale recesso datoriale sarebbe nullo.
Quanto alla soluzione del secondo profilo, il Tribunale di Roma ha evidenziato che il principio sopra affermato valga anche per i licenziamenti individuali al fine di emanare un disegno comune ed omogeneo.
In questo modo, si scongiura il pericolo di un’accidentale creazione di un sistema binario per il quale, da un lato, nelle disposizioni relative al divieto di licenziamento collettivo rientrerebbe il dirigente, mentre, dall’altro, il medesimo rimarrebbe ingiustamente escluso dalle previsioni emergenziali nel caso di recesso individuale.
Ancora una volta, il faro guida nella risoluzione della presente quaestio è costituito dall’analisi dall’art. 3 L. 604/1966, il quale prevede la facoltà di recesso della parte datoriale per giustificato motivo oggettivo.
Seguendo il ragionamento condotto dal Foro romano, sebbene tale norma non sia applicabile ai dirigenti, il riferimento contenuto nelle disposizioni emergenziali in ordine al “giustificato motivo oggettivo” non deve necessariamente essere inteso quale richiamo alla Legge 604/1966 nel suo complesso, quanto piuttosto quale rimando alla “natura della ragione” posta a fondamento del recesso, inerente “all’attività produttiva, all’organizzazione del lavoro ed al regolare funzionamento di essa”.
Un tanto, quindi, non implica alcuna delimitazione dell’ambito soggettivo di applicazione del divieto dei licenziamenti, che dovrà essere necessariamente esteso anche ai dipendenti apicali.
Dunque, alla luce delle motivazioni addotte dal Giudice, l’ordinanza in esame, che permette di superare l’altrimenti mancato raccordo tra la previsione dei licenziamenti collettivi e quella dei licenziamenti individuali, può essere considerata dirimente sulla questione, in quanto maggiormente chiarificatrice del tema controverso.
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